lunedì 27 settembre 2010

Infiltrazioni malavitose anche nell'amministrazione di Ventimiglia?

Ventimiglia è già da tempo segnalata nell'annuale rapporto antimafia come località in cui operano diverse famiglie legate alla ndrangheta. La sua peculiarità di città di confine la rende strategicamente importante tant'è vero che in recenti intercettazioni è spuntata fuori l'inedita definizione di "camera di compensazione". Una sorta di centro di smistamento di merci, armi e latitanti diretti dall'estero verso il sud Italia e viceversa.
Ne parla Giulio Gavino dalle pagine de La Stampa di ieri:

L’emergenza legata all’assedio della criminalità alle istituzioni in Riviera si allarga a macchia d’olio. Dopo quello di Bordighera, ora sarebbe a rischio di infiltrazioni illecite anche il Consiglio comunale di Ventimiglia. Sono ancora una volta i carabinieri ad essersi occupati di raccogliere in un voluminoso dossier una serie di elementi ritenuti degni di attenzione. Aderenze o rapporti di conoscenza tra presunti appartenenti alle cosche calabresi e personaggi della politica. Inerzie sospette sulla vigilanza del territorio per quanto riguarda le discariche, appalti e sub appalti di lavori pubblici e molto altro ancora. Un’attività capillare e trasversale, quella dell’Arma, che si è basata su investigazioni tradizionali ma non solo. Il rapporto, in tutto un centinaio di pagine, attende sulla scrivania del nuovo comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Alberto Minati. Un «benvenuto» che rivela tutte le criticità di un’Imperiese che mai come in questo momento appare assetato di trasparenza e legalità. Ad occuparsi della supervisione, come accaduto per Bordighera, è stato il maggiore Paolo Cambieri, l’ufficiale comandante del Reparto Operativo, membro della task-force a disposizione dei funzionari prefettizi inviati nella città delle palme dal Palazzo del Governo.
Impossibile conoscere, chiaramente, quali saranno i tempi della valutazione del rapporto realizzato dal comando provinciale che appare comunque destinato ad arrivare prima o poi sulla scrivania del prefetto Francescopaolo Di Menna, autorità preposta al pronunciamento in materia. Il fatto che i carabinieri abbiano ravvisato estremi per lo scioglimento di un altro Consiglio comunale del Ponente proietta però ombre oltremodo inquietanti sul mondo della politica e sui rapporti tra l’amministrazione della cosa pubblica e il mondo degli affari. Estremi di reato, evidentemente, i carabinieri non ne avrebbero individuato: diversamente ci sarebbe stata un’attività di indagine con la procura di Sanremo e non una semplice, per quanto circostanziata e preoccupante, segnalazione al prefetto.
Di fatto i carabinieri avrebbero «cucito» in un articolato e complesso mosaico una serie di circostanze e di eventi che riguardano l’amministrazione della cosa pubblica a Ventimiglia. Alcune tessere sono evidenti, il «filo» da cucito usato per unirle invece è avvolto in un rigoroso riserbo. Qualche esempio degli elementi raccolti nel dossier dell’Arma? Uno su tutti, L’auto del direttore generale del Comune Marco Prestileo crivellata di proiettili di pistola mitragliatrice, episodio circondato da una costante omertà (la stessa vittima non aveva denunciato l’accaduto). Poi la «traumatica» epurazione dalla giunta dell’assessore al Personale Tito Giro e del vice-sindaco Vincenzo Moio, entrambi voluti quali esterni dal sindaco Scullino subito dopo le elezioni e nel dicembre dello scorso anno allontanati bruscamente. A giugno, inoltre, l’operazione «Crimine» contro la ‘ndrangheta aveva portato alla luce aderenze e conoscenze tra Moio e un presunto appartenente alle cosche, arrestato nel blitz, il genovese Domenico Belcastro, che in una intercettazione ambientale l’aveva definito «un soggetto affiliato» (poi ritrattando davanti al giudice). E ancora, clientele legate alle campagne elettorali (dal pagamento delle cene agli attacchini reclutati per i manifesti) e la gestione delle società partecipate dal Comune.
Il dossier che prelude all’istanza di scioglimento del Consiglio comunale rappresenta qualcosa di più di una semplice preoccupazione. Il sindaco Scullino ha sempre difeso, con i fatti, la sua estraneità e quella della sua amministrazione ad ogni illecito. Anzi, qualche anno fa fu il primo a correre in procura quando sentì parlare di tangenti nell’ambito della gestione dei rifiuti (non era ancora sindaco). Ma intorno a Scullino, almeno per i carabinieri, stanno succedendo cose che meritano almeno l’attenzione della prefettura.
[articolo di Giulio Gavino pubblicato su La Stampa del 26 settembre 2010]

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