Il primo è di Marco Simoni ed è stato pubblicato da L'Unità del 24 Giugno:
Esiste una ricca letteratura che spiega come, nonostante il lavoro a buon mercato della Cina o della Polonia, le imprese abbiano ancora molte ragioni economiche per stabilirsi nei nostri paesi, e il caso in oggetto è sicuramente un buon esempio a meno di pensare che le scelte di Marchionne siano dettate da puro patriottismo. I sindacati conservano, dunque, qualche potere contrattuale che potrebbe essere usato con più accortezza e anche più decisione.Il secondo invece è un reportage di Mariano Maugeri pubblicato dal Sole 24 Ore del 24 Giugno:
Allo stesso tempo, una vita lavorativa caratterizzata da diritti molto minori di quelli previsti dall’accordo di Pomigliano riguarda da almeno quindici anni la stragrande maggioranza dei nuovi occupati, in tutti i comparti, con l’assenso implicito di tutti i sindacati che non ritengono opportuno nemmeno rispondere alle sollecitazioni giunte a questo proposito da questo giornale.
Considerare dunque i fatti di questi giorni come uno spartiacque non serve né alla loro comprensione, e tantomeno alla costruzione di una ragionevole e possibile politica industriale, sindacale, o di sviluppo.
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È il giorno della meditazione. Ogni pensiero e ogni parola ruotano attorno a tre varianti: l'adesione convinta, il sì critico e il no apparentemente distruttivo. Perché dentro ogni scheda c'è un corpo a corpo con se stessi («dopo aver votato mi sarei sputato in faccia», ha detto più di un operaio uscendo dalla cabina elettorale) che ora potrebbe generare conseguenze imprevedibili. I grandi aggregati, invece, rivelano il conflitto permanente tra i "vecchi" operai quarantenni assunti nell'89 (ne furono reclutati in pochi mesi oltre duemila) e i 325 ragazzi tra i 25 e i 29 anni assunti nel 2005. Uno smottamento generazionale. I quarantenni dell'89 con tre o quattro figli e mogli casalinghe educati da padri tutti operai dell'Alfa e con il "cuore rosso" - rosso Alfa, non rosso Fiom - contro i ventenni single e senza casa da pagare «perché tanto ci pensa mammà».
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